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Agnese De Donato,
l'“allegra libraia” di Via Ripetta

Gallerista, fotografa e giornalista nella Roma degli anni Sessanta e Settanta

Gallerista, fotografa e giornalista nella Roma degli anni Sessanta e Settanta

Proprio dietro Piazza del Popolo, all’epoca cuore pulsante della vita culturale romana, Agnese De Donato decide di aprire Al ferro di cavallo, una libreria che si trasforma in pochissimo tempo in un luogo di incontri e punto di riferimento per la letteratura, la fotografia e l’arte. Frequentata da Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia, Fosco Maraini, dagli scrittori del gruppo ’63 e dai giovani artisti del gruppo di Piazza del Popolo, Al ferro di cavallo non è una semplice libreria, ma un luogo ibrido, trasversale, che attraversa discipline e permette di connettere la fotografia, il cinema, la letteratura e l’arte contemporanea, il tutto grazie alla presenza insostituibile dell'"allegra libraia", come Goffredo Petrassi ha amichevolmente definito Agnese De Donato. Barese di nascita, sin dal 1957, anno di apertura della libreria, la sua attività è legata a doppio filo con Roma, città adottiva che non ha mai più abbandonato. In quel luogo inizia a organizzare, cosa molto rara per l’epoca, diverse mostre fotografiche in occasione di altrettante presentazioni di libri fotografici, un sintomo evidente della visione che guida le scelte di De Donato, decisa a far comunicare tra loro letteratura e arti visive. Tra le più interessanti vale la pena di ricordare Ore Giapponesi, il libro di Fosco Maraini che viene presentato in libreria accompagnato da una bellissima selezione di fotografie di viaggio realizzate dallo stesso Maraini.

Il tentativo di intrecciare in un dialogo inedito libri e arte visiva si ripropone ancora con gli artisti della nuova generazione. Nel 1962 viene presentata l’Antologia del Possibile di Gastone Novelli, un’antologia di testi accostati ad altrettante opere, in cui accanto a poeti come Jean Jacques Lebel, Frank O’Hara o Jean Clarence Lamberti si trovano gli italiani Nanni Balestrini, Alfredo Giuliani, Edoardo Sanguineti. Nel 1963 si costituisce il Gruppo ’63, la cui antologia, edita da Feltrinelli, viene prontamente presentata in libreria. Nel 1964 il più noto tra gli artisti della Scuola di Piazza del Popolo, Mario Schifano, presenta in libreria una mostra realizzata insieme al poeta Frank O’Hara. Interessante da ricordare anche una particolarissima mostra di Alberto Burri e Emilio Villa, di cui Agnese stessa ci ha lasciato una preziosa testimonianza, emblematica dello spirito che animava la sua libreria: «Uno dei primi eventi che organizzammo in libreria alla fine del ’57 o forse nel gennaio ’58, non ricordo bene, fu l’esposizione del libro di Emilio Villa e Alberto Burri. Erano in mostra più di una ventina di libri che comprendevano poesie di Villa e ben tre originali di Burri. Prezzo di vendita 150.000 lire, 50 per Burri, 50 per Villa, 50 per me. Non se ne vendette neanche uno. Io me ne comprai due copie dando 100.000 lire a ciascuno di loro».

Con alcuni di questi artisti il rapporto umano finiva spesso per prevalere su quello lavorativo, come testimoniano, tra tanti, i bellissimi ritratti di Renato Mambor realizzati in spiaggia nel 1970. Quando Agnese De Donato diventa fotografa, all’inizio degli anni Settanta, lo fa quindi con questo preziosissimo bagaglio di esperienze e conoscenze. Il suo approccio, anche in questo caso è caratterizzato da una estrema curiosità, da uno sguardo a trecentosessanta gradi, pronto a cogliere e immortale un volto, un momento, un’espressione.
La sua grande eterogeneità di fotografa si mostra sia nella varietà degli argomenti che sceglie di raccontare, sia nell’approccio alla singola foto.
Un corpus interessante per chiarire questo secondo aspetto è costituito dai ritratti d’artista, ripresi nel loro studio o accanto alle loro opere. In tutti i servizi alterna inquadrature verticali e orizzontali, scatti più ravvicinati ed altri più larghi, cerca lo scatto buono ma non ha un’idea prestabilita di quale e come questo debba essere, si lascia trasportare dal momento, dall’interazione con il soggetto, rimandando la scelta alla fase di sviluppo e stampa, in camera oscura, quando potrà tagliare, stringere, migliorare lo scatto selezionato.

La sua fotografia non è mai realizzata in studio, non utilizza mai luci e fondali, non è mai “programmata” ma nasce spontaneamente dall’interazione tra lei e il soggetto, divisi soltanto da un obiettivo fotografico. Nel 1973 Achille Bonito Oliva, curatore della mostra “Contemporanea”, contatta la fotografa per realizzare un servizio nel quale si sottolinei l’assenza di sacralità che ormai caratterizza il mondo dell’arte cercando di coinvolgere il pubblico mettendone in risalto la dimensione ludica. Così Agnese De Donato porta con sé amici e figli, fotografati mentre saltano sull’opera di Robert Whitman o mentre giocano al ping pong di George Maciunas.
Per tutta la sua vita è stata una testimone attenta dei grandi fermenti culturali e politici che hanno riguardato Roma, coinvolta in prima persona nell’avvento delle avanguardie letterarie e artistiche e poi, da fotografa, in prima linea a immortalare la stagione delle cantine romane o grande protagonista del movimento femminista romano, quale attivista e fondatrice della rivista Effe.

© 2021 Francesca Dantini | Archivio Fotografico Agnese De Donato 



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